Meeting Lab AIHC 2022: “Tre pratiche di Health Coaching”

Sabato 8 ottobre 2022, presso il Circolo dei Lettori in Via Bogino, 9 a Torino, si è tenuto il Meeting-Lab dell’Associazione Italiana Health Coaching (AIHC), evento a livello nazionale con tema:

“Health Coaching come approccio sistemico nei contesti sociali: per l’empowerment e il benessere dei cittadini”.

Nel programma, del mattino, c’è stata la presentazione di tre pratiche di Health Coaching a beneficio delle comunità e degli individui con relatori: Isabella Puddu , Paola Meina e Sergio Audasso ai quali chiediamo di riportarci in sintesi il loro intervento.

Isabella Puddu, laureata in Sociologia,  vive a Lugano, Svizzera ed è Professional Certified Coach ICF, Professional Medical Coach e socia di AIHC dal 2018. Oltre a seguire i suoi clienti privati con percorsi di Coaching e Medical Coaching, collabora con una scuola internazionale ideando dei workshop per sostenere gli studenti ed è Coach per il progetto CoLibRi – Sostegno ai collaboratori di EOC, Ente Ospedaliero Cantonale di Bellinzona in Ticino, Svizzera.

Cosa si intende per “Tecniche di Primo Soccorso Emozionale” e come può questa pratica aiutare il singolo e le comunità?

“Dopo due anni di pandemia, le emozioni sono entrate a fare parte dello spazio del coaching ed è quindi necessario imparare a gestirle. La sofferenza emozionale è un’esperienza soggettiva e si presenta attraverso le emozioni, le parole ed i comportamenti: senza il giusto supporto, l’impatto sulla vita delle persone è enorme e porta a isolamento, stress acuto e cronico ma anche a problemi di salute.

Dal punto di vista neurologico ed in maniera molto sintetica, l’allarme “pericolo”, ossia qualsiasi cosa che venga percepita dal nostro cervello come squilibrio, provoca il rilascio sia del cortisolo (ormone dello stress) che dell’adrenalina e il corpo passa da un sistema parasimpatico ad un sistema simpatico. Il sistema simpatico è un “survival mode”. Per rispondere a questa modalità e tornare ad un sistema di equilibrio (sistema parasimpatico), vanno applicate delle strategie specifiche.

Il Primo Soccorso Emozionale può aiutare ad elaborare le azioni e risoluzioni necessarie per tornare ad uno stato di equilibrio, passando da uno stato di blocco ad uno stato di centratura e diventando più consapevoli e connessi con noi stessi.

Una delle tecniche più utilizzate si chiama RAIN, una pratica suddivisa in quattro step e facilmente applicabile:

  • R come Riconoscere: cosa sta accadendo nello spazio, nominare le emozioni e raccontare la propria narrativa interiore.
  • A come Ammettere: permettere a sé stessi di stare con la situazione presente senza giudizio.
  • I come Investigare: analizzare sé stessi e chiedere di cosa si ha bisogno in un preciso momento per centrarsi ed equilibrarsi.
  • N come Non identificarsi: ricordarsi che non siamo le nostre emozioni e che siamo più delle circostanze che stiamo vivendo.

Un’altra pratica è la respirazione; esistono tante varianti e invito i lettori a cercare quella più risuonante per loro. Basti sapere che respirare in modo consapevole favorisce l’ossigenazione al cervello e migliora quindi la nostra risposta agli eventi, soprattutto quelli più difficili da gestire.

Quindi, respirate bene per gestire una situazione stressante e soprattutto prima di fare una scelta importante!”

Paola Maria Meina ha conseguito: Diploma Magistrale, Diploma Dirigente Comunità Infantile, Diploma in Arte e Pedagogia steineriana e pedagogia steineriana curativa presso Emerson College – Sussex – England , Laurea presso Libera Università Scienze Goetheanistiche – sezione Medicina – Specializzazione Terapia Artistica – Dornack Svizzera.

Dalla formazione accademica ha poi proseguito con ricerche e studi ad ampio raggio che si sono concretizzati negli anni in un approccio metodologico personalizzato che sposa rigore scientifico e visione olistica dell’essere umano la cui dimensione psichica e spirituale rappresenta  il nucleo a cui porre attenzione specializzata nella cura.

Al suo attivo ha molte esperienze lavorative sia in ambito pedagogico con programmi di formazione alle Insegnanti dei vari gradi scolastici e interventi diretti con gli alunni ma l’impegno professionale principale è quello terapeutico sia diretto alle “persone” portatrici di fragilità e/o patologie che di formazione per equipe sanitarie e socio/sanitarie.

Ha promosso ideazione, progettazione e realizzazione di numerosi progetti FSE. Dirige da oltre un decennio un’Associazione di strada che si rivolge alla prevenzione, cura e contrasto delle problematiche di dipendenze patologiche  anche con interventi mirati all’attenzione di genere  (Punto Donna) ed ha ideato in essa il metodo “La guarigione è una questione d’Amore”.

Cosa si intende per Coaching Artistico  e come può questa pratica aiutare il singolo e le comunità?

“Il coaching artistico prevede l’utilizzo dell’esperienza creativa sia in veste di fruitore che di creatore quale portatrice di benessere.

In sintesi si possono osservare tre diversi tipi di approccio artistico curativo. Tutti e tre   possono essere messi in atto  sia in percorsi individuali che di gruppo:

  • Esperienza artistica quale espressione di sé, sfogo: in questo caso il setting prevede l’espressione libera dei propri vissuti, sogni, immaginazioni attraverso l’utilizzo di svariate tecniche quali il disegno libero, il dipingere, la manipolazione dell’argilla etc etc. Si sa che , quando la parola non può o no riesce ad esprimersi, l’espressione artistica è liberatoria.

Questo approccio è il più conosciuto e viene praticato da innumerevoli scuole di psicologia che osservando poi  gli elaborati alla luce delle loro linee guida ne interpretano  il senso e da questo ne ottengono indicazioni di cura.

  • Percorsi di cura “take care”:

qui il percorso non crea semplice benessere momentaneo ma produce “giovamento” nel tempo. Viene infatti  compiuto un vero e proprio cammino guidato dal coach artistico per favorire la conoscenza del proprio universo emozionale attraverso l’incontro con il mondo dei colori, forme, linee e molto altro intesi come specchio del mondo delle emozioni. Ognuno di noi prova delle sensazioni quando incontra o produce un’opera d’arte. Ogni nostra sensazione è frutto di una particolare esperienza, realtà interiore…a volte noi possiamo trovarci imprigionati in sensazioni negative prodotte da sofferenze vissute: l’accompagnamento passo dopo passo , attraverso lo sperimentarsi in atti creativi può condurci a scoprire risorse inaspettate in noi…e, soprattutto ci rende consapevoli di possedere le risorse per trasformare ogni crisi in opportunità. Non siamo solo il problema o la malattia …noi siamo molto di più, l’arte è un dono immenso che ci conduce a sperimentarlo.

  • L’arte quale “nutrimento” del “sentire” umano:

nell’intervento presentato al Meeting di Torino ho voluto portare un terzo tipo di applicazione del coaching artistico, nel quale ho accumulato una grande esperienza trasversale. Ho portato l’esempio di quanto si possa ricavare dall’incontro con un opera d’arte di altri (in questo caso nel Cantico delle Creature di San Francesco d’Assisi): sperimentando l’opera, attraverso la creazione artistica realizzata attraverso la tecnica a noi più vicina si può percorrere una strada risanante, si riceve un dono che “nutre” in noi la parte emozionale così da renderla atta ad affrontare le prove che la vita e/o la professione ci richiede al massimo delle nostre potenzialità.

Nel caso del Cantico veniamo accompagnati a riprendere i fili dell’appartenenza reciproca, possiamo utilizzarlo come stimolo al superamento di fasi depressive, o semplicemente come attenzione all’ambiente e senso di responsabilità verso noi stessi e verso il mondo.

Il Coaching artistico nelle diverse tipologie applicative  ha in se una grande peculiarità: quello di portare fino alle nostre mani il processo di “guarigione” intendendo per esso tutti quei passi di accettazione, conoscenza e trasformazione della nostra vita in modo da rendere possibile  la creazione dell’opera d’arte più preziosa: la nostra vita, unica, irripetibile!”

Sergio Audasso, laurea tedesca in Kurze Psychotherapie- no riscontro italia. Formatore, Health e Life Coach. Ricercatore scientifico. Criminologo/vittimologo. Appassionato e ricercatore di spiritualità. È esperto delle basi neurali dei processi decisionali. Si occupa di “effetto Nocebo” nonché del potere della parola e dei pensieri sulle emozioni, sugli organi e sugli apparati. Ha elaborato una tecnica breve di cancellazione dei pensieri sabotanti e di Coach Risolutivo dal nome F.I.T. Method (Fast Insight Treatment) – Certificata a norma internazionale. Partecipa a gruppi di ricerca scientifica sulle neuroscienze comportamentali e sociali.  È docente per la formazione continua in medicina (ECM) per il personale sanitario.

Cosa si intende per Dialogo con l’inconscio per la cancellazione delle influenze sabotanti  e come può questa pratica aiutare il singolo e le comunità?

“È una forma di dialogo che  prevede l’ascolto del proprio corpo attraverso l’utilizzo di tecniche di valutazione kinesiologica.  Utilizzando tecniche antiche già conosciute nella medicina indiana dell’ayurveda, come respirazioni e movimenti oculari specifici, è possibile aprire la porta alle parti più profonde di noi stessi. Una volta aperta la porta è possibile procedere con il formulare domande che diano risposte semplici come: si oppure no”. 

Ma com’è possibile riconoscere se la risposta è giusta oppure no?

“Proprio attraverso le risposte corporali. Grazie alle tecniche di valutazione kinesiologica è possibile stabilire se le risposte che giungono siano veritiere oppure no. Il dialogo così costruito, consente di andare a riconoscere alcuni aspetti di noi presenti nell’inconscio che fino a quel momento erano, per noi, irraggiungibili.  Nella metodologia di health coach che applico, l’inconscio è l’insieme di quelle conoscenze che noi non sappiamo di sapere. Con questo metodo si va proprio ad attingere a queste conoscenze e operare il proprio cambiamento.  Questa esperienza può anche essere vissuta in un gruppo  o in una comunità. Per farlo si agisce nello stesso identico modo e questo permette di far emergere gli elementi funzionali o disfunzionali relativi ad un obiettivo comune. In questo modo è possibile risalire a ciò che in ogni elemento del gruppo, individuo, agisce come attivatore o come inibitore delle azioni da compiere. Una volta riconosciuti  gli elementi disfunzionali in se stessi si procede a ciò che viene definita “cancellazione”.  Questo termine ha qui il significato di “impedire”, cancellare cioè la forza di influenza dell’elemento disfunzionale nella vita quotidiana della persona. Per farlo vengono applicate delle procedure specifiche affinché l’influenza di tale elemento disfunzionale smetta di avere la presa. Al termine di questo processo di cancellazione si procede con la chiusura della porta di dialogo con l’inconscio. Anche in questo caso, si utilizzerà respirazione e movimento oculare. Una volta eseguita la chiusura, il procedimento di cancellazione delle influenze dei pensieri o elementi disfunzionali, è  terminato. La persona o le persone coinvolte nel processo operativo di dialogo e cancellazione hanno, da quel momento in poi, la consapevolezza di ciò che è utile alla loro vita. Qui sta l’attivazione nell’empowerment del singolo. Potenziare la consapevolezza facendo emergere le capacità assopite che, una volte emerse, si vivono, come in un allenamento continuo, giorno dopo giorno”.

                                                                                              

Ringraziamo Isabella Puddu, Paola Maria Meina e Sergio Audasso per la gentilezza e la generosità con cui hanno voluto condividere con noi la loro esperienza sorretta, sicuramente, da una grande passione.

Nicoletta Viali – Ufficio Stampa e Comunicazione AIHC –